Il triste epilogo del (mancato) matrimonio fra Twitter e Musk. Era da un pò che non scrivevo qui sulla Cepab, era da un pò che non toccavo con febbrile compulsione i tasti del pc. Mi è mancato, sarò sincero. Eppure starmene alla larga da voi (lettori), mi ha aiutato a focalizzarmi su una cosa, imparare a criticare. La critica è un’arte e quandunque costruttiva diventa croce e delizia in qualsiasi ambito, sociale ed economico; d’ora in poi quando mi leggerete troverete qualcosa di nuovo e se vi interesserà la critica dissacrante e dissacrata all’economia sociale che mi circonda allora salvatevi il sito nei preferiti. Almeno un venerdì al mese vi terrò compagnia. Eccovi allora, senza annoiarvi oltre, un articolo di critica, pressappoco sibillina, nei confronti di niente popò di meno che sua maestà il Musk dell’Olimpo.
Twitter: c’è un che di sinistro in quel cinguettio
Il 22 luglio la società ha pubblicato i risultati economici trimestrali. I ricavi sono scesi dell’1% a 1,18 miliardi di dollari, meno delle attese del mercato che puntava su 1,32 miliardi. Twitter ha voluto sottolineare in un comunicato stampa che sul trimestre ha pesato l’incertezza del contesto macreconomico e quella legata a Elon Musk. Eh si, è proprio il miliardario sud-africano ad aver, secondo i dirigenti della compagnia, influenzato negativamente il comportamento economico del social network.
Aspettate, se non sapete che c’entra Elon con Twitter vi siete persi un pezzo importante di storia economica. È il 21 dicembre 2017. Musk condivide un tweet. Uno dei suoi famosi tweet in grado di generare incredibile clamore (tipo quelli sui Bitcoin): “Amo Twitter”. Qualche secondo dopo un utente replica: “Dovresti comprarlo allora”. “Quanto costa?” risponde a stretto giro Musk. Questo scambio di battute è ormai diventato estremamente famoso sul web. Il motivo è che molti hanno individuato in quel botta e risposta la prima manifestazione di interesse pubblica di Musk per Twitter.
Poi il 15 Aprile di quest’anno ecco che quell’utopico vagheggiamento prende forma, Musk presenta formalmente un’offerta di acquisto, 44 miliardi di dollari, 54.20$ ad azione. Da qui un tira e molla da capogiro per il titolo a Wall Street che imbocca la strada di Gardaland, sezione montagne russe. Prima l’ipotesi di scalata ostile, il rifiuto dell’offerta del miliardario, poi il ripensamento e infine e solo infine, dopo quasi un mese, la firma dell’accordo. Sembrava fatta, era fatta, Musk aveva comprato Twitter.
Pensavano tutti a un matrimonio felice ma poi il ripensamento di Musk ha rovinato tutto
C’erano tutti gli ingredienti per un matrimonio di quelli felici, per un’intesa da coppia affiatata (Musk non ha mai nascosto di amare Twitter come piattaforma e la utilizza assiduamente tutt’ora) eppure… Eppure qualcosa si è rotto.
In una lettera inviata il 9 Luglio alla SEC, la società che controlla la Borsa degli Stati Uniti, il miliardario ha annunciato di voler rinunciare all’acquisto del social network.
Nella lettera alla SEC Musk ha accusato Twitter di non aver rispettato gli obblighi dell’accordo stipulato ad aprile e di non avergli voluto fornire le informazioni che aveva richiesto riguardanti la quantità di account falsi (spesso automatici) presenti sul social network. Twitter aveva stimato il numero di account falsi intorno al 5 per cento del totale, ma secondo Musk questo numero non sarebbe credibile e aveva perciò chiesto di accedere ai dati in possesso dell’azienda prima di completare l’acquisto. Si stima che il numero di bot oscilli fra il 50% e il 60% del totale degli account. È noto, in ogni caso, che soltanto ogni giorno ne vengono cancellati 500mila. Insomma l’uccellino di Twitter ha le ali spezzate per non dire frantumare. Si tratta infatti di numeri che spaventerebbero chiunque, e difatti hanno fatto fare un passo indietro anche al Musk Zeus dell’Olimpo dei miliardari.
A chi la colpa?
La ruota girevole dei colpevoli si è fermata sul nome di Elon (che poi sottolineo sia il mio cervello a scegliere dove si fermi). Perché? Perché ha francamente indotto una manipolazione a carattere speculativo sul titolo della società quotata a Wall Street. La modalità degli annunci, la pomposità delle dichiarazioni e la loro diffusione proprio a mezzo Twitter su scala globale ha creato un clima indubbiamente sfavorevole alla crescita e allo sviluppo della società.
È vero, quando ti quoti in borsa sei consapevole di non poter aver nulla da nascondere e dunque prima o poi la storia degli account falsi sarebbe venuta fuori, tuttavia è evidente che il modo in cui è stata tirata in ballo da Musk non ha aiutato ne una ne l’altra parte. Ora Twitter vale di meno, e forse sta bene a Musk, ma lui stesso incorrerà in una penale per la mancata finalizzazione di quanto stabilito nel contratto di aprile. Senza contare lo stress dell’impegno giudiziario e le ricadute a livello d’immagine.
Anche gli dei dell’Olimpo sbagliano a quanto pare, anche Musk, dopotutto, è umano.
Ecco il triste epilogo del (mancato) matrimonio fra Twitter e Musk.
Paolo Castellani