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Le sanzioni alla Russia peseranno come macigni sull’economia italiana

DiPaolo Castellani

Feb 27, 2022

Le sanzioni alla Russia peseranno come macigni sull’economia italiana. In seguito alla recente invasione militare messa in atto dalla Russia nei confronti dell’Ucraina e alle conseguenti sanzioni disposte dall’Occidente è bene rendersi conto che l’Italia è uno dei Paesi più vulnerabili ad un eventuale “guerra fredda commerciale”. Questo è quanto si apprende già da numerose analisi indipendenti, fra le quali segnaliamo quella dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) che mette in evidenza la stretta interdipendenza, fra Roma e Mosca, con la bilancia commerciale delle esportazioni ben più inclinata verso il Mediterraneo che verso gli Urali. Sarebbe impudente ridurre la questione Ucraina a meri calcoli economici, difatti non è l’obiettivo di quest’articolo; sottolineo tuttavia sarebbe altrettanto impudente non redarguire e informare i cittadini italiani circa gli effetti dannosi e cruciali delle proclamate sanzioni alla Russia.

Gas di Stato

Per la, spero nota, questione del gas russo vorrei partire dalle parole del Premier Mario Draghi nella sua udienza parlamentare di ieri: “La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico”, dice, “che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa”. “Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. “

“In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020; a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità ed evitare il rischio di crisi future”.

“No” destinati a pesare

Sembrano parlare da sole le parole di Draghi, come profetiche stoccate sinistre di spada al cuore dell’economia italiana, già provata dalla pandemia. E’ ormai sotto gli occhi di tutti il terribile errore commesso dalla politica negli anni scorsi, dai NO dei 5Stelle alle famose trivelle nell’Adriatico (che per la cronaca ci sono e ci saranno comunque, sotto controllo di Croazia e Albania, che talora succhiano anche oltre le loro acque territoriali giacchè il bradipo italiano “non se ne cura”), ai NO e ai ripetuti rallentamenti al TAP per proteggere gli olivi salentini, alla capovolta del Governo Monti sul Galsi ( il gasdotto Algeria-Sardegna-Italia) che avrebbe messo a disposizione dell’Italia i 4500miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale dell’Algeria.

Proprio su quest’ultimo fatto vorrei concentrarmi dal momento che i primi due sono ormai sotto l’attenzione del grande pubblico da anni e sono stati investiti di ampia copertura mediatica. Il Galsi invece no.

Il Galsi

L’Algeria dispone attualmente di tre gasdotti per esportare il proprio gas in Europa. La condotta principale è il Transmed, conosciuta anche come gasdotto Enrico Mattei, che parte dall’Algeria, attraversa la Tunisia e approda in Italia. Entrato in servizio nel 1983, il gasdotto che porta il nome del fondatore di Eni vanta una lunghezza di 2.475 chilometri e una capacità di esportazione di 30,2 miliardi di metri cubi all’anno. Il secondo gasdotto è il Medgaz. Lungo 210 chilometri, con una capacità di 10,5 miliardi di metri cubi all’anno, collega l’Algeria alla Spagna ed è entrato in servizio nel 2011. Proprio lo stesso 2011 in cui il fascicolo Galsi è stato miseramente archiviato dal governo italiano preferendo la convenienza economica del gas russo della Gazprom.

Ebbene oggi ce ne sarebbe da mangiarsi le mani, perchè il Galsi che prevede una condotta sottomarina di 284 chilometri, con una profondità massima di ben 2.880 metri, avrebbe permesso all’Italia di rifornirsi per almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno. Ciò, unito al potenziamento della produzione nazionale, avrebbe francamente tutelato in maniera sostanziale il nostro Paese dall’instabilità politica del partner russo.

Export a rischio

Non parliamo però solo e soltanto di materie prime, le sanzioni avranno indubbie ripercussioni anche sull’export italiano. I prodotti più esportati stando al report del Ministero degli Esteri Italiano, sono quelli relativi all’abbigliamento. Questi ultimi contribuiscono per ben 757,8 milioni di euro ed anche questi finiranno per essere, fra gli altri, inevitabilmente danneggiati.

Saranno danneggiate anche le esportazioni di prodotti chimici che pesano per mezzo miliardo di euro (571,3 per la precisione) nonchè le esportazioni di macchinari e apparecchiature industriali ( 1,9 miliardi di euro). Insomma, cifre importanti, per un’economia che già di suo scricchiola e zoppica a causa del covid. Staremo a vedere, ma non c’è nulla di buono in vista all’orizzonte.

Paolo Castellani

“Le sanzioni alla Russia peseranno come macigni sull’economia italiana”

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